Ancora rincari sui noli marittimi: il ciclone degli aumenti coinvolge anche la trade Europa-USA
Negli scorsi articoli abbiamo analizzato le problematiche dell’import dal Far East verso l’Europa, tra noli alle stelle e scarse garanzie di imbarco.
Se la Cina negli ultimi mesi ha recuperato il terreno perduto, tornando ai livelli standard di produzione, i vettori non hanno ancora introdotto la capacità di stiva dei livelli pre-pandemia e le difficoltà legate all’import dall’Asia nel vecchio continente non possono dirsi del tutto risolte.
Come se non bastasse, ora si ritrovano in difficoltà anche i porti statunitensi, incapaci di gestire nei tempi le merci in entrata e in uscita a causa del personale drammaticamente ridotto.
La congestione portuale negli USA sta causando ripercussioni sui flussi globali delle spedizioni e ci riguarda più da vicino di quanto potrebbe sembrare.
Basti pensare, ad esempio, che ad oggi le compagnie marittime non accettano prenotazioni a breve termine per i porti americani più congestionati, creando disagi alle aziende italiane che esportano verso queste destinazioni e che al momento si ritrovano impossibilitate a spedire.
Ma proviamo a fare un quadro più completo della situazione.
I problemi nei porti negli USA
Il New York Times in un approfondimento pubblicato ad inizio Marzo, propone una sintesi che riassume la situazione che si è venuta a creare negli Stati Uniti.
I cittadini USA in lockdown hanno scatenato un’ondata di ordini dalle fabbriche cinesi, per cui la domanda di spedizioni da Cina a USA ha superato la disponibilità di contenitori e spazi.
Il mercato si è sbilanciato: mentre prima i traffici erano pluridirezionali e stabili da anni, a causa della pandemia ci si è trovati all’improvviso con una richiesta di trasporti Cina-USA in netto sbilancio rispetto alle altre tratte.
I container affluiscono in massa negli Stati Uniti per poi rimanere lì vuoti in giacenza, perché non ci sono abbastanza merci da riesportare.
Lo stesso vale per i container che nel corso del 2020 hanno trasportato mascherine in Africa e Sudamerica, giunti a destinazione e mai più ritirati, dato che le compagnie marittime hanno spostato gran parte delle proprie navi sulle tratte più gettonate.
In Asia scarseggiano i container, in Occidente scarseggiano le merci da spedire e le navi per caricarle.
Così, un’azienda americana che spedisce soia in Cina si trova a pagare un nolo marittimo molto più alto, mentre un esportatore indiano di elettronica non trova container disponibili per spedire i suoi prodotti in Europa.
Questa situazione caotica si è rivelata una miniera d’oro per le compagnie di navigazione che prontamente hanno alzato i prezzi in modo speculativo.
Gli esperti ritengono che i container rimarranno scarsi fino alla fine dell’anno.
Le fabbriche che li producono (quasi tutte in Cina) si stanno affrettando a raggiungere la domanda.
Oltre alla scarsità di equipment (o meglio alla sua sbilanciata suddivisione tra i vari mercati) oggi ci troviamo ad affrontare un’ulteriore difficoltà: la pandemia e le sue restrizioni hanno limitato la disponibilità di lavoratori portuali negli USA, causando ritardi nella movimentazione delle merci.
I terminals portuali sono in estrema difficoltà nel fissare appuntamenti per il ritiro dei containers, così come nel localizzarne, vista l’esigua disponibilità.
Di conseguenza subiscono rallentamenti anche i trasporti all’interno del paese, tra i porti e le destinazioni finali nell’entroterra.
Vista la congestione, le navi rimangono ancorate al di fuori dei principali porti di destinazione statunitensi o sono costrette a rallentare per attraccare solo quando è disponibile un ormeggio.
Per gli esportatori italiani questo significa dover attendere per imbarcare: le compagnie marittime, infatti, non accettano booking a breve termine per le destinazioni congestionate.
Ma purtroppo le sorprese non finiscono qui.
Come spesso accade, laddove c’è un problema logistico subentra subito anche un problema di costo.
Gli aumenti, infatti, non si sono fatti attendere anche sulla trade Italia-USA e i noli verso gli Stati Uniti, rimasti stabili per anni, sono letteralmente lievitati nel primo trimestre 2021.
Sempre secondo il New York Times, gli esperti ritengono che con l’aumento delle vaccinazioni anti Covid19 e il conseguente ritorno della vita alla normalità, gli americani sposteranno nuovamente le loro spese riducendo la necessità di container e quindi ristabilendo l’equilibrio, anche se ciò potrebbe accadere in contemporanea al frenetico shopping natalizio.
Resta comunque difficile fare previsioni.
Certo è che la pandemia e lo slittamento degli equilibri commerciali continueranno a produrre effetti collaterali talvolta inaspettati nell’ambito dello shipping.