Con una magnitudo iniziale di 7.8 Mww e un’intensità sulla scala Mercalli di livello XII (catastrofica), il sisma che ha devastato la Turchia lo scorso febbraio sta influenzando l’economia locale e internazionale e probabilmente i suoi effetti non si esauriranno tanto presto.
Panoramica degli avvenimenti
Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023 un violento terremoto ha colpito la zona meridionale della Turchia e la Siria settentrionale, direttamente confinante.
In Turchia sono rimaste vittime della calamità naturale più di 49mila persone e più di 115mila sono rimaste ferite. Nel complesso, il terremoto ha investito undici province, con i danni più consistenti registrati nelle province di Hatay, di Kahramanmaraş, di Adıyaman e Gaziantep.
Ad oggi il Paese vive ancora in stato d’allerta. Infatti, il 14 marzo una scossa ha coinvolto ancora il sud-est della Turchia, mentre il 16 marzo la terra ha tremato nella provincia di Bolu, circa 250 chilometri a est di Istanbul.
Le conseguenze del sisma sulle spedizioni internazionali
In una situazione globale fatta di economie intrecciate, il terremoto ha provocato un dissesto economico locale, compromettendo le industrie e l’approvvigionamento delle materie prime insieme alle infrastrutture; e allo stesso tempo ha minato il settore logistico e dei trasporti internazionali che si servivano di quelle stesse infrastrutture.
La distruzione ha compromesso i trasporti via terra nella zona meridionale della Turchia, avendo interessato strade, autostrade e ferrovie.
La situazione è identica per il trasporto via aerea e marittimo.
Infatti, le scosse hanno prodotto delle crepe nelle piste d’atterraggio rendendo necessaria la chiusura degli aeroporti di Gaziantep, Kahramanmaraş, Antiochia, Iskenderun, Malatya e Adana.
Sul versante marittimo, ad aver subìto i maggiori danni è stato il porto di Iskenderun, nella provincia di Hatay, un importante hub di container della Turchia sud-orientale.
Ad aggravare la situazione creata dal sisma, nel porto è scoppiato un grosso incendio, molto probabilmente a causa del materiale infiammabile custodito in alcuni container.
Attualmente Iskenderun è in pessime condizioni e sono distrutte le infrastrutture di collegamento con l’entroterra. Secondo un’analisi del Russell Group, l’incendio nel porto di Iskenderun porterà ad una perdita commerciale stimata di 679 milioni di dollari.
Le contromisure dei trasportatori
La soluzione adottata per far fronte ai colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento è il reindirizzamento delle merci verso gli scali non interessati dal sisma.
Per esempio, le spedizioni normalmente dirette a un grosso hub come Iskenderun sono dirottate verso il porto di Mersin, uno dei più grandi della Turchia; sempre il Russell Group ha stimato in questo periodo per Mersin un flusso commerciale di 999 milioni di dollari.
Riprogettare la supply chain non è cosa facile, specialmente per il trasporto aereo, che nell’ultimo mese ha dato assoluta priorità all’invio di aiuti umanitari.
E senza dubbio sarà necessario uno sforzo economico colossale per rimettere in piedi le infrastrutture demolite dal terremoto, che va inserito nel contesto di un’inflazione storicamente elevata e di una lira turca debole: la Turkish Enterprise and Business confederation ha già stimato l’ammontare della ricostruzione tra i 50 e gli 85 miliardi di dollari, ma il futuro resta incerto.
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