Nel mondo delle spedizioni esiste una distinzione tra i container di proprietà delle compagnie (COC, Carrier Owned Container) e i container di proprietà delle aziende, i SOC (Shipper Owned Container).
Questo articolo di blog vuole essere una panoramica su un argomento molto tecnico ma utile per coloro che fanno business grazie all’import/export.
Perché possedere dei container SOC?
Ci sono essenzialmente tre vantaggi che possono motivare un’azienda ad acquistare i suoi container.
Anzitutto, i SOC convengono alle aziende che muovono grossi traffici commerciali con estrema regolarità: visto che sono di proprietà, questi container non vengono rimessi in circolazione come accade per i COC, l’azienda deve tenerli in magazzino.
Perciò per fare questo investimento deve valerne la pena.
In secondo luogo, grazie ai SOC si riducono i costi che normalmente derivano dalle soste portuali.
Quando una compagnia marittima noleggia uno o più container ha premura che vengano liberati il prima possibile; per incoraggiare lo shipper a farlo gli addebita un costo di sosta chiamato detention, ma non può farlo con i SOC.
Infine, i container SOC sono adattabili in base alle esigenze dello shipper.
Alcune modifiche li trasformano in veri e propri alloggi o uffici mobili, ma è anche possibile ottenere laboratori, showroom e punti vendita dedicati a eventi o località con bassa densità abitativa.
I SOC sono gettonati anche da quelle aziende che producono macchinari, impianti e/o linee di produzione e vogliono spedire i loro articoli già assemblati.
Le responsabilità dello shipper sui SOC
L’esportatore che utilizza container SOC deve adottare qualche accorgimento in più in merito al trasporto.
Quando si va al carico con un container COC, l’autista arriva già con il cassone sulla ralla e lo shipper non deve fare nulla. Invece, nel caso dei SOC il mezzo arriva con la ralla ancora vuota: è l’azienda che deve organizzarsi per poter sollevare fisicamente il container e depositarlo sulla ralla per la movimentazione.
L’altro aspetto da tenere a mente con i SOC è che il proprietario è del tutto responsabile delle loro condizioni. È molto importante e apre il discorso della sicurezza e della certificazione dei container.
Container certificati e non
A prescindere che si parli di container COC o SOC, esistono degli standard di sicurezza disciplinati dalla normativa che devono essere rispettati.
Il motivo è semplice: per ottimizzare gli spazi i container vengono incastrati come dei Lego a formare le pile ben presenti nell’immaginario del pubblico.
Sulle navi cargo c’è un gioco di equilibri che può rompersi, se uno o più container hanno dei problemi, e mettere in pericolo la sicurezza degli operatori.
Ragion per cui i container devono rispettare le specifiche richieste dalla certificazione CSC (Convenzione internazionale per la Sicurezza dei Container).
La certificazione CSC
La Convenzione prevede l’assegnazione di una targa di approvazione ben visibile sui container trasportabili in sicurezza.
Sulla targa vengono riportati, almeno in inglese e francese, una serie di informazioni:
- data di costruzione;
- n° di identificazione del fabbricante;
- massa lorda massima di esercizio, in kg e libbre;
- forza (espressa in Newton) utilizzata per il test di rigidità trasversale;
- carico di impilamento ammissibile;
- valori della resistenza delle pareti di testa/laterali.
I dati qui riportati si ottengono grazie a degli esami che vanno ripetuti:
- ogni dieci anni (durata della certificazione CSC);
- ogni volta che il container viene ristrutturato o subisce riparazioni, per stabilire se ha difetti potenzialmente dannosi.
I SOC modificati sono certificabili?
Non c’è una risposta univoca a questa domanda.
Dipende dalle modifiche che sono state fatte.
A volte, in base al contenuto e all’utilizzo finale che se ne fa, è necessario adattare il container discostandosi dagli standard.
Per citare un paio di esempi, una grata che viene installata sul tetto e che modifica (anche se solo di pochi centimetri) l’altezza del container; oppure la creazione di sporgenze sullo stesso.
Qui vengono a mancare le condizioni per l’impilaggio in sicurezza e dunque il container non è più certificato.
Attenzione però: il SOC può lo stesso viaggiare, ma lo shipper deve mettere in conto di alcune complicanze rispetto al trasporto ordinario.
Spedire container SOC non certificati
Non essendo soddisfatti gli standard CSC, il container SOC non viene più considerato come tale dal vettore, piuttosto rientra tra le merci fuori sagoma.
Di norma, un carico fuori sagoma viene fissato su un container flat rack, ossia una piattaforma mancante del tetto e delle pareti laterali.
Un fatto quasi banale per i tecnici, peraltro con due risvolti non da poco:
- un flat rack con sopra un cassone non può essere impilato con i classici container, va sistemato nella stiva della nave o, al limite, in cima alla pila di container.
Perciò, il trasporto del flat rack è subordinato all’accettazione da parte della compagnia, che deve verificare se vi è sufficiente spazio a bordo; - diversamente dai container classici, un flat rack richiede una movimentazione particolare, con attrezzature speciali.
Ciò fa lievitare i costi, e può anche diventare un problema se la destinazione è un piccolo porto magari privo delle suddette attrezzature.
Dubbi? Rivolgiti al tuo spedizioniere di fiducia
Quando un’azienda acquista dei container per adattarli, l’approccio da adottare varia caso per caso.
Le declinazioni dei SOC possono essere estremamente specifiche: possono servire per ospitare una linea di trattamento delle plastiche, come pure per ricavare un alloggio temporaneo.
Alcune modifiche sono indispensabili; l’azienda può decidere di metterle in atto anche se questo significherà una perdita della certificazione CSC e un incremento dei costi di trasporto.
Come spedizionieri, il nostro contributo è ascoltare lo shipper e suggerire in base al contesto la soluzione più indicata.
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